“A me non ride (…) dall’eterea porta / il mattutino albor (Leopardi. Ultimo canto di Saffo. 27-29)
Anche lo spazio etereo della poesia leopardiana può offrire una chiave di lettura del corpo eterico planetario, dell’universo in cui “veicola l’animo”, quand’anche in una specifica accezione poetica.
I pochi versi ci ripropongono la filosofia indo-orientale yoga, laddove persiste la fonte spirituale primordiale e dove i mutamenti e gli squilibri possono ritrovare la vera luce, il giusto equilibrio
Katia Krea Gallucci è un’artista che ha sposato il credo di tale filosofia; è, senza dubbio, cosciente e felice di aver trovato il suo spazio ideale in/oltre l’eterea porta. Uno dei suoi dipinti, “Figli delle stelle”, è una virtuale dichiarazione del suo intento ascetico, della ricerca interiore (‘dentro’) nella visione ‘universale’ (“fuori’), nel sotteso divenire della propria esistenza e della/nell’energia spirituale.
La gran parte delle attestazioni pittoriche dell’artista sono direttamente collegate alla natura della ‘luce interiore’ che può ‘risvegliare’ – in funzione dei valori cromatici – e purificare l’energia primordiale latente della (propria) femminilità.
La pratica yoga, con il trascorrere del tempo, ha trovato molti seguaci; artisti ad occhi aperti, creativi del proprio vissuto onirico.
La cultura indo-cinese ha fatto il suo corso anche in Occidente, dove le esperienze storico-culturali e la pratica ascetica sono divenute una realtà. Dall’Oriente, dunque, all’Occidente: un eccezionale percorso iconico della nuova cultura esistenziale mediterranea.
La Gallucci ha scelto il mondo Kundalini (il “ricciolo dell’amato”, nella femminilità propria del linguaggio sanscrito), ovvero la corrente yoga che possa condurle sulla strada verso l’Energia Primordiale. Dal processo contemplativo astrae le condizioni fisiche e dinamiche del corpo, quindi la bellezza celestiale.
Volendo seguire un ipotetico cammino delle sue opere, troviamo, innanzitutto, l’immagine di Budda, l’asceta indiano che è tra le figure spirituali e religiose più prestigiose e conosciute dell’Asia; fondatore del Buddismo. La traduzione visiva messa in campo va oltre il comune riscontro statuario dei tempi buddisti; è un “ritratto” interiore e della tensione filosofica dell’asceta; sul corpo (la ‘testa’) delinea il sistema arterioso, il fluire dell’ossigeno (la ‘luce bianca’), da un chakra all’altro; un percorso, dunque, per il ‘risveglio’ dell’energia sopita, per la rigenerazione del/nel corpo eterico spirituale primordiale, per il ripristino dell’equilibrio ‘ormonale’. L’opera conferma la consistenza materiale (con accentuazione del plasticismo corporeo tradizionale), oltreché un’ariosa emanazione d’energia spirituale. Poggiata sul lato sinistro, rimanda ad un ‘sogno vissuto’, alla meditazione yoga. Nell’insieme, il corpo è la via per/della riacquisita “serenità”.
Tra gli altri dipinti, ecco l’immagine della principessa indiana “Tara Budda”, madre della perfezione e della coscienza (nella classica posizione yoga sui quattro petali del ‘loto’), con la sua fragrante giovinetta, il ‘serpente’ (conoscenza) attorcigliato sul corpo e che partito dal chakra del coccige raggiunge l’occhio; non manca l’aureola a conferma dell’essere divinità femminile.

A seguire “Shiva” la divinità ermafrodita Indù. L’artista ne fa un “autoritratto” (di stretta vivacità muliebre); libera il suo “ego” spirituale segnato dal colore azzurro (la comunicazione) e dalla mantellina rosso-arancio (il piacere fisico e la gioia di vivere); integra e completa il personaggio con una festosa scrittura sanscrita, riecheggiando il fasto grafico-dinamico-letterario dell’antica creatività futurista.
Oriente e ancora Occidente, tornano con accenti poetici diversi in altri dipinti: nel Realismo, ‘corporeo’, di “Madre Teresa di Calcutta”, come nella ricostruzione del miracolo cristiano di Santa Rita (da Cascia)
La Gallucci associa nel suo credo (lo yoga tantrico) la dualità spirito e materia, microcosmo e macrocosmo, risveglia l’energia ‘dentro’ la contrapposizione, in piena ascendenza e ariosità temporale. Il ‘trittico’, Fede Speranza Carità narra, pittoricamente, dei fatti susseguenti, è sacralità operativa e motivazione del ‘sacro’ in una luminosa accezione di religiosità. Ogni opera esplicita il ‘risveglio’, nel corpo eterico narrativo, di ogni chakra che si collega a quello successivo, verso l’alto. La ‘luce cromatica buddiana’ riecheggia nell’afflato-venerativo ‘cristiano.
Il passato, il presente, il futuro.
Il sonno, il sogno, la veglia.
L’oggettiva presenza, la sensazione, la luce.
La contaminazione, il percorso liberatorio, l’armonia.
L’opera pittorica scandisce e relaziona i tre tempi della complessa vena esistenziale; la vitalità del corpo etereo planetario vibra nella luce; attraverso la meditazione yoga, nello spettro della luce si scindono i ‘colori della salute’.
Nel nudo di donna di spalle, Kundalini, (l’artista titola e sottolinea “Colore della libertà”), la vita interiore, “dentro” mostra la ‘luce’ che scorre, sotto forma di ‘serpente’, collegando il perineo (alla base della colonna dorsale) alla sommità del capo, toccando i sette centri vitali di energia residuale (i chakra, appunto), epicentri della vitalità primordiali.
La Gallucci elenca i chakra (centri vitali); li rappresenta in un contesto figurativo nel quale si possono leggere sia il classicismo formale di Ingres, sia la surreale stimolazione di Dali. Nella figurazione contemplativa variano il numero dei petali del loto in un vorticoso dinamismo materico-cromatico. Sottolinea il proprio stato contemplativo, e per ogni colore, il fine ‘terapeutico: rosso, “Inizio – Io esisto”, il chakra d’attaccamento alla terra; arancione, “Dolcezza – Io sento”, il piacere fisico e la gioia di vivere; giallo, ”Gioiello luminoso – Io penso”, associato agli organi digestivi e alla trasformazione dell’energia; il verde, “Illeso – Io amo”, collegato al cuore e agli organi della respirazione, regola il sentimento dell’amore e della compassione; l’azzurro, “Etereo – Io dico”, associato alla parola e alla comunicazione; indaco, “Percezione – Io creo”, per il sesto senso, l’immaginazione e la ricerca di Dio; il viola, “Mille volte tanto – Io sono”, il chakra del capo associato all’unione divina.
Nel roteare vorticoso dei colori e del grafismo associato, riecheggiano i motivi della “Op Art”, i fenomeni percettivi cinetici ufficializzati nella mostra romana degli anni Sessanta, “Nuove tendenze”, e, nel 1965, nel Museo d’Arte Moderna di New York. Non c’è da stupirsi visto che la pittrice è anche un’insegnante d’Arte nel lavoro quotidiano e, quindi, dei movimenti che hanno interessato la storia dell’arte dalla classicità ai giorni nostri.
L’artista è, allora, cromoterapeuta e laserterapista?
Le opere sembrano dare risposte affermative ai due interrogativi, essendo costantemente implicita la purificazione spirituale in funzione della ‘luce’.
La rigenerazione delle fonti energetiche sopite nei chakra può creare le condizioni favorevoli affinché l’eterea porta consenta, nella sostanza, il ripristino della “bellezza spirituale”.
Quali i passaggi?
C’è il tempo della tecnica e dell’addottrinamento
C’è il tempo del dubbio e della fede nei principi..
C’è il tempo dell’oscurità e dell’analisi della luce.
C’è il tempo fisico-dinamico e l’estasi meditativa respiratoria.
C’e il tempo della condizione umana e del chiarore spirituale.
C’è il tempo della conoscenza e della verità.
C’è il sonno della notte e la ‘luce’ del giorno.
Il ritorno al corpo eterico planetario è reso possibile dalla pratica fisica e, soprattutto, respiratoria, da ‘sedute’ di mantralizzazione e di meditazione che la Katia Krea Gallucci mette in atto, trasferendole in un gruppo di opere: MudrAmore (per il chakra dell’energia sessuale); MudraKreatività (nel processo formativo del corpo), “Mantra Tantra 1” (la liberazione del piacere), “Mantra Tantra 2” (l’armonia del corpo planetario), “Mantra al tramonto” (l’energia spirituale sfuggente), “Mantra 1” (il cosmo vibrante di scrittura tantrica policromica ‘musicale’).
Tre opere dell’artista scandiscono i tempi e i valori spirituali, della propria meditazione yoga; Nei riporti grafico-formale-pittorici descrive il “sonno”, il momento del “risveglio”, la “libertà” ritrovata.
Emidio Di Carlo
Critico d’arte
Roseto degli Abruzzi, 7 luglio 2015